venerdì 28 ottobre 2011

Un Contributo al futuro di SEL Caserta

In questa delicata fase storica, socio-economica ed istituzionale del capoluogo di Terra di Lavoro, Sel deve assumersi la consapevolezza di divenire il faro in grado agevolare le parti più deboli della collettività ad uscire dal tunnel che ci avvolge, in tutta la sua oscurità, criticità e drammaticità.
Come tale, il congresso cittadino di novembre deve essere il terreno preliminare del nuovo soggetto politico capace di intercettare, rilevare, ascoltare, dialogare, interagire, scommettere e quindi rischiare di cogliere il nuovo e il diverso ad ogni costo.
Quindi, lo sforzo di questo confronto congressuale, in opinioni e idee è rivolto principalmente alla individuazione di chi avrà il coraggio, le attitudini, le prerogative e i requisiti di una guida capace di essere da sprono e costante sollecitazione di altri soggetti di varia rappresentanza politica e partitica del capoluogo .
Una diversità consistente nella capacità di prospettare soluzioni incisive e concrete ai problemi della gente e dei casertani.
In tal senso, il nuovo coordinatore del circolo P. Neruda di Caserta, ancorché capace di generare una sintesi dei confronti, dei contributi, delle proposte e progetti, quali parti integranti dello stesso circolo di Caserta, deve essere in grado di rilevare gli aspetti contraddittori e dannosi del governo della città, nonché le incapacità e la strumentalità di certi obiettivi..
Il dissesto finanziario, la condizione occupazionale giovanile, il degrado ambientale, la profonda crisi industriale richiederanno una buona dose di unità e di compattezza progettuale del gruppo Sel Caserta, come premessa indispensabile per qualsiasi prospettiva di successo della nostra azione politica. Diversamente non si va da nessuna parte .
Dunque Sel Caserta non ha bisogno di un alchimista, né di un venditore di prodotti scaduti, né di poltronisti mestieranti, né di consulenti incompetenti ma di un coordinatore capace di prospettare soluzioni ai problemi drammatici che Caserta reclama.
Per questo assumono priorità le grande opere pubbliche, come il policlinico, le bonifiche ambientali, la ripresa del discorso Macrico, le infrastrutture necessarie ai piani di insediamenti produttivi.
E dunque è vitale che il coordinatore riesca ad essere espressione di un ampio consenso e sostegno, con un progetto forte che abbia credibilità e offra alla città una speranza di riscatto concreto.
E già da subito, con la situazione di dissesto finanziario, e con le pesanti conseguenze che si riverseranno sui cittadini, sarà necessario agire per tutelare le classi più deboli, opponendosi all’aumento di imposte e balzelli; combattendo le clientele e gli affarismi connaturati a questa compagine amministrativa e politica; e sollecitando una rigida politica di lotta all’evasione fiscale, come pure promuovendo la rivalutazione del patrimoni pubblico oggi detenuto da terzi ad ogni livello.
Infine il coordinatore deve avere la capacità di creare sinergia con la società civile, le parti sociali e le forze politiche che guardano alla istituzione di un tavolo tecnico permanente finalizzato alla soluzione dei problemi quotidiani, come la ripresa dell’ordinarietà della scuola pubblica a partire dalle ripresa della mensa, della biblioteca, della salvaguardia degli stipendi dei dipendenti del comune e della società di raccolta dei rifiuti.
Per me questo è il futuro di SEL Caserta, diversamente si parla di altra cosa, sosia di qualcosa di ammuffito che sa di passato agro, amaro e velenoso.
Mario Cozzolino

giovedì 27 ottobre 2011

Partito il ricorso al Tar contro la discarica de Lo Uttaro, ma senza il Comune di Caserta

Il sindaco Del Gaudio, dopo gli annunci roboanti di un ricorso congiunto al Tar insieme ai comuni di Maddaloni, San Nicola la Strada e San Marco Evangelista, ancora non ha dimostrato realmente il suo impegno in proposito. Intanto il Co.E.R., insieme a Legambiente Caserta e le associazioni civili, e con l'appoggio politico di tutte le forze di opposizione, tra cui il circolo di Sinistra Ecologia Libertà Caserta, ha presentato in questi giorni autonomamente ricorso al Tar contro la creazione di un nuovo sito di stoccaggio in località Lo Uttaro. Ribadiamo la nostra assoluta contrarietà alla Delibera Regionale dello scorso 11 agosto e confermiamo il nostro impegno accanto al Co.E.R. e alle associazioni ambientaliste.

mercoledì 26 ottobre 2011

Un contributo di analisi e riflessioni

Care compagne, cari compagni,
Sinistra Ecologia e Libertà Circolo “Pablo Neruda” di Caserta arriva al suo congresso cittadino con davanti a sé una grande sfida da raccogliere. È necessario ricostruire l'unione tra uomini e donne che si riconoscono negli ideali del patrimonio comune della cultura politica della sinistra, inclusiva di storie e linguaggi anche diversi tra loro, nella coniugazione dei principi di libertà ed equità sociale, dei valori di solidarietà e dignità della persona, dell'attenzione al futuro dell'ecosistema del nostro pianeta.
Anche sul nostro territorio, le recenti elezioni amministrative, nonostante i risultati non proprio esaltanti, hanno comunque messo in movimento energie che hanno dato prova di vitalità e potenzialità inaspettate, generando un nuovo senso di appartenenza e la voglia di partecipare alla costruzione di una Sinistra nuova.
È necessario riempire il vuoto politico che si è creato in Italia, per evitare l'esaurirsi dell'energia civile dei cittadini che patiscono la pericolosa deriva della situazione politica tanto a livello nazionale che locale e vogliono che la Sinistra torni a far sentire le proprie proposte, in modo coerente e attraverso un linguaggio comune, su temi e questioni di fondamentale importanza per il futuro del nostro Paese.
Il governo Berlusconi ha superato la prova della fiducia parlamentare, ma continua a mostrare con evidenza la sua fragilità. Troppe le contraddizioni accumulate e l'incapacità di rispondere alla crisi per pronosticare una ulteriore durata della parabola berlusconiana. Questo non vuol dire che il governo non possa continuare a fare danni, anche maggiori di quelli già fatti: dalla riforma universitaria alla legislazione sul lavoro, dall'attacco alla magistratura all’inasprimento del clima complessivo. Un'epoca di arretramenti sociali, regressione democratica e destrutturazione complessiva è alle nostre spalle. Il berlusconismo ha ben incarnato un modello di comando fondato sulla corruzione, la rendita parassitaria, l'eliminazione dei diritti sociali e del lavoro. Ma la regressione sociale è stata favorita anche da un modello sociale basato sulla modernizzazione del sistema capitalistico vincolata alla competizione globale e veicolato dall'Unione europea. Un modello che ha permeato anche il centrosinistra italiano il quale ha contribuito a sua volta a realizzare quel disegno. Non a caso, uno degli ultimi puntelli del sistema berlusconiano è proprio la non credibilità alternativa del suo principale competitore.
Quel modello economico e sociale mostra però la corda e la crisi globale evidenzia come le classi dominanti, nel loro insieme, stanno portando al fallimento e all'implosione l'intera società.
Una nuova generazione comincia ad avvertire l'intollerabilità della propria condizione e chiede conto del proprio futuro. Lo fa a volte in forma disperata proprio perché non riesce più a concepire la speranza. Ma lo fa. E accanto a essa, settori del mondo del lavoro provano a tenere aperta una possibilità di resistenza alla crisi.
C’è, dunque, l’esigenza di un'inversione di tendenza che si materializzi innanzitutto in un rinnovato protagonismo dei movimenti e dei soggetti colpiti dalla crisi, consapevoli che solo la loro unità - sulla base di rivendicazioni chiare ed efficaci, che facciano pagare la crisi a chi l'ha provocata - può generare la risorsa essenziale in grado di resistere e di proporre un cambiamento.
Ma, care compagne e cari compagni, la cultura di un partito ovviamente non è racchiusa in un manifesto, né è un prodotto intellettuale, ma è tutt’uno con gli obiettivi politici e programmatici e con la visione della società, nonché con la prassi stessa del partito.
Essa è un misto di vari ingredienti. Da un lato è espressa da quell’universo antropologico che, declinato ai vari livelli, accomuna le percezioni, le sensibilità, il modo di ragionare e di impostare i problemi dei dirigenti e delle masse di aderenti e simpatizzanti, e giustifica lo stare assieme. Mi riferisco a quell’universo insito nel modo di sentire, di interpretare il mondo, di impostare le relazioni causa-effetto, di dare le gerarchie di valore e definire l’immaginario collettivo.
Da un altro punto di vista, è espressa dalle fonti di ispirazione del pensiero consapevolmente elaborato che arriva a coinvolgere le interpretazioni della storia, la rappresentazione delle relazioni economiche, fino alle posizioni filosofiche e dottrinarie professate e alle angolature utopiche e ideali di quel pensiero.
Ma sono, ancora, cultura di un partito anche quegli orientamenti più contingentemente empirici informati da concezioni del ruolo e delle modalità di svolgimento politico, attinenti soprattutto alla formazione dei dirigenti. Quelle concezioni plasmano le gerarchie di valutazione delle cose, la forma mentis, i linguaggi, i riti, valori e disvalori, con cui viene praticata la politica, e con cui viene trasmesso al corpo del partito un modo di viverla e di riprodurla.
Da ultimo, ma non marginale rispetto agli altri aspetti, un partito si definisce culturalmente anche per come concepisce la funzione intellettuale e per il rapporto che instaura con le competenze e i saperi.
Personalmente ho la sensazione di provenire da un partito, i Ds, che si è sciolto senza lasciare un’elaborazione, una visione della società, idee specifiche di governo, un dibattito culturale, la costruzione di strutture di staff, scuole di partito, un rapporto politico con gli intellettuali.
Non c’è egemonia politica senza egemonia culturale; rinunciare a una sintesi culturale in nome di una pluralità informe e sbiadita di suggestioni vuol dire condannarsi a un empirismo oscillante e all’assenza di identificazione e prestigio nella società.
Questo a mio modo di vedere è il punto cruciale nella costruzione di partito nuovo.
I compagni, più o meno “silenziosi”, hanno il sacrosanto diritto di non dover partecipare a guerre nel Partito, tanto più se esse sono per il controllo di incarichi interni o di cariche pubbliche, fino addirittura al precoce posizionamento per future liste elettorali. Discutere e magari anche battagliare sulle linee politiche e organizzative è perfettamente legittimo e normale in tutti i partiti. Altra cosa è dividersi su chi è amico di chi, su quale cordata di potere è più conveniente sdraiarsi, magari per prenotare un posto di parlamentare o di consigliere.
Questo modo di fare politica, purtroppo non estraneo alla sinistra italiana, in specie negli ultimi tempi, e nello specifico nella nostra regione, hanno contribuito non poco ad allontanare dalla militanza vecchi e nuovi compagni, generando e alimentando aggregazioni contingenti, come movimenti, comitati, associazioni e quant’altro capaci di unire su singole tematiche, ma incapaci di dar vita ad una azione politica permanente ed incisiva.
Per discutere su SEL a Caserta, è bene innanzitutto cominciare a discutere su SEL a livello nazionale. Quale SEL vogliamo debba ulteriormente rafforzarsi nel panorama politico italiano? Quali i connotati e, soprattutto, gli obiettivi strategici e le conseguenti tattiche? Vogliamo essere, nel mare della sinistra italiana, un Partito socialista-ecologista sia pure di tipo nuovo? Quale il rapporto di questo Partito con il sistema capitalistico moderno e globalizzante? Quale deve essere il rapporto con le classi sociali e i diversi ceti, a cominciare dal mondo operaio e popolare? Quali le linee complessive di politica economica ufficialmente proposte dai nostri organismi dirigenti nazionali, al di là dei pur apprezzabili contributi di singoli compagni? Si potrebbe continuare. Magari alcune risposte sono state già date, ma certo molti, anche nella sinistra italiana, non hanno nessuna idea su cosa SEL voglia diventare da grande. Molti italiani genericamente conoscono e stimano Nichi Vendola, la sua capacità di risvegliare la passione politica e l’idealità, ma non hanno ancora chiara l’identità complessiva di questo partito e delle sue proposte.
Definire l’orizzonte largo di un movimento politico è fondamentale per definire quale strumento politico questo orizzonte deve utilizzare. Schematizzo: nel contesto italiano, il percorso a breve e a medio termine di SEL diventa di fondamentale importanza. Esiste la possibilità reale di un intervento politico (fra PD da una parte e Fed. della Sinistra dall’altra) che possa intercettare ceti e interessi rappresentabili da una forza politica di sinistra credibile, nello stesso tempo riformatrice e alternativa. Insomma una forza che possa realisticamente rappresentare una parte grande del vecchio e nuovo popolo della sinistra italiana. SEL deve avere l’ambizione di essere questa forza. Con quali prospettive immediate nel nostro panorama politico? Alcuni compagni vedono in SEL una forza inevitabilmente passeggera, in vista della formazione di un grande Partito di sinistra che possa inglobare una parte considerevole dell’attuale PD. Nessuno è in grado di prevedere un futuro a medio-lungo termine, ma un’analisi realistica delle forze in campo mi fa ritenere sicuramente suggestiva ma illusoria questa prospettiva. Essa infatti presuppone una rovinosa disfatta del PD, tale da scompaginare e rompere l’unità di quel Partito. E’ questo l’obiettivo a cui dobbiamo tendere? E allora perché ci siamo mossi e ci muoviamo verso un’alleanza elettorale e politica con il PD?
Mi pare allora più credibile, almeno nel medio-lungo periodo, la necessità che SEL diventi esso stesso un Partito capace di colmare il vuoto di una prateria attualmente desertificata fra PD e Federazione della Sinistra. Solo quando SEL diventerà questa “cosa”, potrà avere quella forza di attrazione tale da poter aspirare realisticamente alla creazione di una “cosa” ancora più grande e determinante. Le scorciatoie, care compagne e cari compagni, non pagano.
Ma allora, se questa è la strada da percorrere, è inevitabile che SEL si sviluppi, ora e non dopo, come Partito qualitativamente e anche quantitativamente ragguardevole. Noi non possiamo essere semplicemente lo strumento di pressione e la massa di manovra per investiture future che rischiano di reggersi sulla sabbia. Non è di un contenitore sbrindellato seppur brillantemente manovriero che abbiamo bisogno. E, a maggior ragione, non possiamo neanche essere il Partito dei “pochi ma buoni”, cioè di quella teoria politica elitaria e radicaleggiante storicamente rappresentata dai segmenti estremistici e minoritari della sinistra italiana e mondiale. Magari puramente antagonista, priva di un necessario progetto di governo del Paese.
Quindi, qual è il Partito che ci serve? Innanzitutto, un Partito. Non un movimento. E non sembri una questione nominalistica. Un movimento, per sua natura, rappresenta esigenze particolari legate a particolari contingenze storiche, non richiede strutture stabili e codificate, non reclama la necessità della sintesi rispetto ad altri movimenti e rispetto, in generale, al contesto complessivo politico-economico-istituzionale in cui opera. Un Partito (ma soprattutto un Partito di sinistra) deve avere altri connotati, richiede organizzazione costante, militanza, ramificazione territoriale, regole condivise e rispettate. A mio parere, di questo tipo di Partito SEL ha bisogno. NON SERVE IL PARTITO DI UN LEADER, SERVE UN PARTITO CON UN LEADER. Con organismi dirigenti (nazionali e locali) in grado di dirigere democraticamente con autorevolezza e consenso guadagnati sul campo. Quindi ecco la necessità di un quadro costante di regole e garanzie non interpretabili a seconda delle convenienze, ma puntualmente rispettate almeno fin quando un nuovo Congresso non ne cambi i contenuti. Ecco la necessità insostituibile di una forte organizzazione interna, strutturata e coordinata in centri territoriali e tematici, con un punto di riferimento centrale costituito dal tesseramento inteso come espressione di un’adesione politica che va al di là di un semplice voto alle elezioni. Ovviamente questo tipo di tesseramento non può essere affidato a slanci momentanei e volontaristici, richiede invece una riconquista costante del consenso e della partecipazione dei compagni. Richiede insomma un’attività specifica del lavoro del Partito.
Infine, voglio sottolineare la necessità di una più approfondita elaborazione del rapporto fra Partito e movimenti. E’ fuori discussione che SEL debba avere relazioni e contaminazioni con movimenti sociali più o meno organizzati, dai sindacati alle associazioni culturali a quelle del volontariato ecc. Ma non è accettabile che SEL diventi semplicemente un contenitore di movimenti sociali che, magari attraverso loro esponenti nel nostro Partito, dettano la linea nel loro singolo settore di competenza. SEL deve poter dialogare, collaborare e interagire con i movimenti, ma non assumere paternità sotto dettatura. Così come è importante che le campagne elettorali di SEL non vengano di fatto appaltate a candidati che, un po’ per disponibilità economiche un po’ per collegamenti trasversali, acquistano un peso politico nettamente maggiore rispetto a un semplice compagno (magari operaio) parimenti meritevole di appoggio, ma molto meno provvisto di soldi e di collegamenti esterni. Le campagne elettorali tendenzialmente all’americana non credo possano appartenere al DNA di un Partito di sinistra. Per qualcuno tutto ciò significa sperimentare una nuova forma-partito. Per me invece tutto ciò è uno scimmiottamento delle pratiche deteriori del nuovo modo di far politica in Italia.
In conclusione personalmente ritengo suicida pensare che SEL a Caserta possa rafforzarsi spaccandosi in due o in tre tronconi. Qualcuno si illude davvero che una vittoria congressuale al 51 o anche al 55% possa rendere più forte il nostro Partito? Le giuste esigenze di chiarezza politica non comportano necessariamente una lacerante spaccatura, di cui spero nessuno voglia assumersi la pesante responsabilità. Rompere le incrostazioni interne e ricomporre i pezzi sarà pure un lavoro difficile, ma vale la pena farlo (pazientemente, se almeno vogliamo essere un gruppo dirigente degno di tal nome) quando la posta in gioco è lo sviluppo del nostro Partito, ma prima ancora quello di ridare speranza e futuro ai nostri territori.
Domenico Tescione – Circolo SEL ‘Pablo Neruda’ Caserta

giovedì 13 ottobre 2011

Il dissesto di Caserta è figlio della cattiva politica


Nella giornata di oggi la giunta Del Gaudio ha deliberato ufficialmente lo stato di dissesto finanziario del Comune di Caserta.
Ciò in conseguenza del fatto che l’amministrazione non era più in grado di assolvere ai servizi indispensabili e onorare i crediti vantati da enti terzi.
Non vogliamo commentare l’opportunità tecnica o politica di tale scelta, ma rilevare come questo evento sia solo la prevedibile ed umiliante conclusione di anni ed anni di cattiva politica e pessima gestione amministrativa delle risorse comunali.
Le giunte succedutesi negli ultimi anni, e peggio ancora in passato, si sono caratterizzate per negligenza, clientelismo, affarismo, tant’è che qualche amministratore è stato oggetto di specifici provvedimenti penali e amministrativi da parte dell’autorità giudiziaria.
La città è oggi in una situazione desolante. Cumuli di rifiuti non prelevati ammorbano l’aria già da diversi giorni; i servizi essenziali nelle scuole sono stati sospesi; gli enti di assistenza sociale sono privi di sussidi; le attività produttive languono; l’ambiente è sempre più degradato mentre la fascia di inoccupati di quelli che perdono il lavoro aumenta giorno per giorno.
Con il dissesto il Comune, per legge, è chiamato a provvedere con risorse proprie al risanamento finanziario, ricorrendo all’adeguamento di imposte, tasse, aliquote e tariffe fino al massimo previsto dalla legge. Una mazzata insopportabile su un tessuto sociale e su redditi familiari già duramente provati dalla crisi.
Noi riteniamo che la giunta Del Gaudio, per gli uomini che la compongono e per la storia di cui è frutto, non sarà in grado di risollevare le sorti della città, perché prigioniera di clientele e padrinati fortemente condizionanti. E anche per la contraddizione politica che esprime : espressione di quel centro-destra che ha drasticamente ridotto le risorse per gli enti locali, specie meridionali, e che oggi tenta di scaricare sui cittadini e sullo stesso governo il risultato di questa decisione politica. Una presa in giro che toglie ogni credibilità a questo governo cittadino.
Riteniamo che non si possa gravare su famiglie già allo stremo un così pesante recupero finanziario, e che prioritariamente si debba intervenire sul patrimonio comunale e sul recupero reale dell’evasione e elusione contributiva ampiamente presente sul nostro territorio.
Il circolo cittadino di Sinistra Ecologia e Libertà ritiene che questo dissesto finanziario possa essere occasione anche di riflessione su un modo di far politica nelle nostre terre, dove, tra trasformismi e opportunismi, la classe politica ha sempre anteposto l’interesse particolare, di gruppi e clientele, su quello generale della collettività. Con il risultato desolante che abbiamo di fronte.
Sinistra Ecologia e Libertà - Circolo ‘ P. Neruda’ - Caserta

sabato 8 ottobre 2011

Ancora rifiuti in strada : una città allo stremo


Di fronte allo scempio che periodicamente viene riproposto alla città di cumuli di immondizia per strada, a poco valgono, per i cittadini casertani, i giochi di scaricabarile tra l’amministrazione comunale, gli addetti senza stipendio e le società a cui fanno capo.
Caserta è sempre più una città lasciata al suo destino di progressiva emarginazione sociale, produttiva e di degrado ambientale.
La situazione di oggettivo dissesto finanziario è oggi alla base di questo ennesimo e grave deterioramento in tutto il versante dei servizi, e diventa insopportabile per i cittadini quando questo colpisce servizi primari come la raccolta dei rifiuti, e altri servizi sociali essenziali come la scuola, l’erogazione dell’energia e il sostegno alle aree del disagio sociale e familiare.
Questo dissesto finanziario non nasce certo oggi, ed anche se non può direttamente essere imputato alla giunta in carica, non si può nascondere che il tutto è la conseguenza di una incultura politico-amministrativa alla quale non è certo estranea la storia del Sindaco Del Gaudio e delle forze politiche che lo sostengono.
Una città devastata finanziariamente da una gestione del bene comune non certo ispirata, negli anni, al sano principio del ‘buon padre di famiglia’, laddove per decenni ha prevalso, in una logica spesso consociativa, la volontà affaristica di lobby clientelari . Forze che hanno dissanguato le casse di una città già fortemente penalizzata da un gettito condizionato da una scarsa base contributiva, a causa di vaste aree di evasione ed elusione fiscale, disoccupazione e crescente deindustrializzazione.
Come se non bastasse a tutto ciò si è aggiunto il drastico ridimensionamento delle risorse economiche destinate agli enti locali, specie meridionali, frutto di una politica governativa asservita ai diktat della Lega.
E Del Gaudio non può certo sottrarsi alla responsabilità di essere espressione di questa parte politica, né far finta che la situazione attuale sia una semplice eredità del passato, perché né è parte integrante.
Adesso la priorità è reperire le risorse necessarie per riportare un minimo di decoro alla città, alleviandone i disagi e i disservizi che i cittadini, a tutti i livelli, stanno subendo.
Sinistra Ecologia e Libertà di Caserta, pur se non presente nel Consiglio Comunale, continuerà la sua azione di opposizione e di mobilitazione contro quella politica delle consorterie politico-affaristiche che hanno così pesantemente segnato il destino della nostra città.