E’ stata una
sequenza di eventi vertiginosi quella che ha interessato la vita
politica del nostro Paese negli ultimi mesi e che si è
conclusa con il voto di fiducia al
governo Letta.
La momentanea stabilità, più che dalla raggiunta solidità della fase
politica, è determinata dalla necessità di tempo che occorrerà a questa insolita coalizione di governo per cominciare ad esprimersi su fatti concreti, e questo ci consente di ragionare, senza
pressioni, su temi più vicini alle
nostre necessità.
Naturalmente va data
una valutazione sullo stato di fatto, partendo
dall’analisi del processo che lo ha innescato e, senza andare troppo in là con la memoria, possiamo attribuirne l’origine ad una data
certa: la resa del governo Berlusconi che, dopo aver negato per tanto tempo la
crisi economica in atto, nel momento in cui
ha impattato con la sua gravità,
ha dovuto rinunciare al mandato
per manifesta incapacità.
Da qui le fasi
successive che tutti abbiamo vissuto e hanno condotto alla campagna elettorale, il cui esito non ha determinato le condizioni per
consentire la formazione di un governo per il Paese.
Da
questo momento si sono sviluppate le
vicende tragicomiche che hanno seguito l’esito elettorale e si sono concluse con
la rielezione (forzata) di Napolitano a Presidente della Repubblica. Non senza aver
prodotto conseguenze collaterali di un certo rilievo: si è consumata in un clima di veleni e colpi
bassi la credibilità, già in discussione, del Partito Democratico e messa a nudo tutta la
sua inconsistenza; si è determinato il
restaurarsi, in una nuova forma alchemica, del governo precedente. Alla fine,
infatti, ha trionfato la spregiudicata
ipocrisia di una nomenclatura politico-istituzionale che, ignorando il giudizio
negativo pagato in termini di milioni di voti persi e il violento moto di
repulsione verso la politica che hanno generato con i loro comportamenti in
Italia, si sono auto-assolti,
promuovendosi come risolutori dei danni
che loro stessi hanno provocato.
E’
stato sconcertante vedere come applaudivano, senza vergognarsi, quando Napolitano
li ha mortificati in Parlamento, per cui
verrebbe da pensare che vivono nell’incoscienza, come se non avessimo dovuto registrare i mille
coinvolgimenti in episodi di cronaca giudiziaria che fanno del tema della moralità il primo
problema di questa classe dirigente.
Si è, quindi,
consumato il disastro annunciato, con il ribaltamento
dell’esito elettorale che, seppure con qualche difficoltà, dovuta ad una ignobile
legge elettorale, aveva chiaramente indicato come vincente la coalizione di centrosinistra.
Ma
Napolitano ed il PD, pur di salvare una casta in disfacimento, si sono resi
responsabili della rinascita di Berlusconi, maggiore
artefice della disastrosa situazione in cui si trova questo Paese, e di avergli
consentito di collocarsi nella posizione
migliore per dettare veti e condizioni a questo governo, presumibilmente finalizzati ai propri interessi e senza
neanche prendersi troppe responsabilità.
In
questo frangente, Sinistra Ecologia e Liberta è stata ai margini, coerente e
lucida nelle sue scelte, ferma nei suoi principi fino in fondo, ma defilata e timida, afflitta da sensi di colpa per un risultato
elettorale ritenuto, ad errore, non
adeguato alle aspettative. Non ci piaceva la prospettiva, che si è poi
concretizzata in alcune dichiarazioni d’intenti, e ci eravamo già attivati,
infatti, contro l’evenienza di confluire
nel PD, perché tra l’altro riportava molti di noi là da dove, a ragione, eravamo scappati.
Finalmente l’iniziativa
dell’11 maggio a Roma apre il cantiere della nuova sinistra, un opzione più vicina e
adeguata alle nostre idee. E nel
quale sembrano affluire, in termini di consenso ed elaborazione, le migliori
forze democratiche della sinistra italiana.
Indubbiamente,
si è chiusa una fase, per Sinistra Ecologia e Libertà, quella della gestazione e
ne va aperta un’altra, che ci porti “oltre”, sul piano organizzativo, strutturale e politico, con i nuovi
contenuti maturati, a colmare
un’esigenza sentita già prima della emergenza elettorale e che può cominciare,
con un atto formale: la modifica del simbolo, rinunciando, come già era stato annunciato,
alla caratterizzazione di Vendola nel simbolo, determinando una
personalizzazione di Sinistra Ecologia e Libertà che ha concluso la sua
funzione. Ma questa è l’unica
concessione formale possibile alla generazione di una nuova forza della
sinistra che vuole includere senza pregiudizi, evitando però una nuova e
logorante fase costituente che parta da zero.
Abbiamo
chiesto e ottenuto di rappresentare i valori della sinistra in Parlamento e ci
siamo riusciti. Ora si deve gestire
questa responsabilità. E’ da qui che si
riparte, da un partito che si è liberato dell’ombra del PD, ma deve impegnarsi
a concretizzare tutte le idee
innovative che abbiamo maturato, annunciato
e sperimentato nel pur breve percorso che ci ha condotto fin qui, compresa la
rivalutazione di esperienze come quella delle “Fabbriche”.
Ma
attenzione a non commettere l’errore di considerare la convocazione degli
stati generali della sinistra nell’ottica di dare risposte alle attuali
emergenze, questo deve essere un cantiere
a cui va concesso il tempo
necessario. I fatti ci dicono che se
vogliamo essere rappresentativi di un aria di pensiero nuovo, non possiamo immaginare di aggregare “la sinistra” su improbabili basi ideologiche, nè legarne il
processo costituente ad una lacunosa e frammentaria continuità storica.
E’ ad un nuovo progetto di
società verso cui dobbiamo orientare l’elaborazione del nostro percorso politico, partendo da un dato inconfutabile:almeno per due generazioni
si è evidenziato nei governi e nelle classi dirigenti politiche e istituzionali l’incapacità
di immaginare e progettare un’ ipotesi di sviluppo per il futuro del
Paese. I governi che si sono succeduti hanno cavalcato il quotidiano e si sono nutriti di tutte le contaminazioni possibili che,
alla fine ne hanno distrutto la credibilità. A dimostrarlo c’è il mostruoso
debito pubblico che ci schiaccia. Ancora una volta, infatti, siamo costretti, ad affrontare i problemi
economici in una condizione di emergenza che non consente una lettura oggettiva
dei dati generali e ci impedisce,quindi, di aprire lo sguardo sulle evidenti difficoltà di un sistema economico
nazionale e internazionale che è letteralmente sfuggito al controllo politico.
E’ inquietante la sensazione di vivere, pressoché impotenti, in un sistema economico mondiale gestito da una “immateriale” centrale
speculativa finanziaria che, come fosse
una setta segreta, controlla un sistema che si è rivelato fragile e inadeguato
e reso incoerente dalla possibilità di essere manipolato sul piano
emotivo.
Ma
su questi temi ci sono novità interessanti da sviluppare per una forza della
sinistra: cominciano ad emergere sistemi di monitoraggio della attività
economico- sociali ( BES) che hanno come
riferimento criteri diversi da quelli
relativi al PIL ( prodotto interno lordo). Con il primo
rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), il Cnel e l’Istat hanno
presentato i risultati di una iniziativa in tema di sviluppo di indicatori sullo stato di salute di un Paese che vadano
oltre il Pil. Il PIL mistifica il
benessere di una nazione quantificandolo a misura del profitto fine a se stesso,
mentre il progresso di una
società va valutato non solo su parametri
di carattere economico, ma anche sociale e ambientale, corredati da
misure di diseguaglianza e sostenibilità. Questo approccio alternativo alle
tematiche economiche evidenzia il diverso impianto culturale su cui dobbiamo
costruire la nuova sinistra.
Il virus della ricerca del consenso come
principale obiettivo politico, è stato il danno maggiore che ha attraversato in
modo trasversale gli schieramenti
politici in questi anni, naturalmente finalizzato a costituire e mantenere
posizioni di privilegio.
Noi,
invece, dobbiamo riportare gli interessi dei cittadini al centro dell’attività
della politica. Sta qui il principio
dell’innovazione che viene richiesta. Il partito, comunque decideremo di
organizzarlo, va inteso come servizio
alla società . Dobbiamo evitare di ridurre la nostra idea di rinnovamento a
puro formalismo, si diventa positivi se
si evidenziano serietà e consequenzialità tra enunciazione e
comportamento, si deve continuare a dimostrare, come abbiamo fatto fin’ ora a partire dai circoli sul territorio, che la democrazia è una pratica e non
un enunciato. Rafforzare la funzione dei circoli sul
territorio per riportare la discussione politica nelle città, nei paesi, nelle
piazze, per sottrarre ai media,
televisione e giornali, il monopolio del dibattito politico che li ha portati a
diventare un ulteriore e interessato centro di potere e non un imparziale
compartecipe.
Lavorare
quindi per riaffermare la consapevolezza
che la condivisione dei problemi e dei costi per affrontarli porta successivamente
a condividere in modo solidale i benefici delle soluzioni, promuovere spazi di
fruibilità per riportare i giovani ad occuparsi di politica e promuoverne l’impegno senza plagiarne la
crescita.
Un
lavoro arduo quello di rigenerare la
politica dei partiti, per riportarla da
come è ridotta ad essere protagonista dei cambiamenti necessari a ricucire con
la società un rapporto lacerato da anni, in cui l’apparato istituzionale e i
partiti politici si sono sempre più chiusi a difesa di posizioni di privilegio.
Il
rinnovamento deve certamente riguardare
anche i quadri dirigenti, che non sia banalmente anagrafico, ma che risponda a
oggettive valutazioni di meriti e fallimenti, in una dinamica
continua che impedisca il consolidarsi di posizioni di potere e promuova la continua formazione di
nuove classi dirigenti.
Ma noi
partiamo da un dato, minimo ma importante, abbiamo chiesto e ottenuto di
rappresentare i valori della sinistra in Parlamento e ci siamo riusciti, ora
dobbiamo gestire questa responsabilità. Una responsabilità che ci accompagna
nella elaborazione del nostro progetto ponendoci nel Parlamento come modello di
comportamento e gestione dei temi politici, senza ambiguità, con intelligenza, durezza e forza.
E non dobbiamo sottovalutare che, seppure si può ipotizzare una lunga permanenza
di questo governo, ci sono molte variabili che ne possono mettere in
discussione la durata, l’esito dei processi di Berlusconi in primo luogo, ma
anche il discorso programmatico di Enrico Letta offre spunti di
riflessione, è una piattaforma
elettorale ipocritamente inclusiva delle programmazioni di tutti i partiti
rappresentati in Parlamento che ignora
totalmente lo stato di fatto in cui si trova il Paese. Tutto è dato per
risolto, no all’aumento dell’IVA, risoluzione dei problemi degli esodati,
sospendiamo l’IMU restituendo quanto versato lo scorso anno, come viene
fermamente sostenuto dal PDL , finanziamenti per prolungare la cassa integrazione in scadenza, il reddito
di cittadinanza, aiuti alle imprese
ecc., ma, come tutti quelli che hanno trattato questi
temi in campagna elettorale, sembra non
tenere conto dello stato dell’economia e
non esplicita come intende finanziare
iniziative così onerose.
L’11 maggio va
quindi inteso come l’avvio di una
discussione che porti a progettare un nuovo modello di società, più giusto e
solidale, che tenda a richiudere il divario, ormai osceno, tra ricchi e poveri
che questo stato di cose ha creato. E aprire una fase nella quale la sinistra
ricomponga la sua reale identità e i valori ai quali si richiama,sia in Italia
che in Europa.
Circolo cittadino
Sinistra Ecologia e Libertà - Caserta