giovedì 16 maggio 2013

L’ACQUA E’ UN BENE SU CUI NON SI DEVE LUCRARE


L’amministrazione comunale casertana sta calando un altro terribile colpo  su una città agonizzante, debilitata , svilita  e derisa.
Avvantaggiata dalla sostanziale inconsistenza dell’opposizione in consiglio comunale questa amministrazione  continua a governare la città di Caserta  senza riuscire a risolvere il benché minimo problema dall’insediamento ad oggi.            
I trasporti, i rifiuti, la ZTL, il  traffico, le buche nelle strade, il Macrico, le cave , le discariche , il Policlinico,  il patrimonio artistico monumentale, la Reggia e il Belvedere di San Leucio, la legalità, sono alcuni dei nodi, citati alla rinfusa,  che andavano affrontati e risolti.  Questa amministrazione  li ha anzi  ulteriormente  peggiorati. 
Quella di Caserta è un amministrazione  virtuale, vive di apparenza e comunicati verso i problemi dei cittadini,  ma  si rivela  particolarmente efficiente nello “sbarazzarsi”  di beni e funzioni pubbliche a  favore di qualche privato.
In una città subissata  da  cartelli che offrono un abnorme  quantità  di  appartamenti in vendita o da fittare, a testimonianza di una grande  capacità ricettiva, ma in sofferenza per mancanza di acquirenti, la giunta si appresta a  consentire la costruzione  di altri trecento appartamenti,  bruciando in questo modo altri 40. 000  mq.  di territorio  cittadino.  Questa è la risposta  al  richiamo della vocazione  alla speculazione edilizia che sembra scolpita nel DNA  di questa città e a cui ogni amministrazione non rinuncia a portare il suo mistico sacrificio.  Alla stessa logica rispondono anche  l’allocazione di un  ristorante  nelle Stalle Reali del Belvedere di San Leucio  e  la scellerata delibera  con cui si appresta ad affidare a privati,  in concessione per trent’anni, la gestione  del servizio integrato, di distribuzione  dell’acqua potabile nella città di Caserta.
Con questa delibera di giunta  viene  ignorata  la volontà  espressa da una nazione intera,  compresa la pressoché  unanime  volontà dei cittadini casertani che, votando  il referendum nel 2011,  si sono espressi per il 98%  contro la mercificazione dell’acqua, favorevoli, quindi, ad una gestione pubblica dell’acqua nella città di Caserta. 
Come si rileva dalle note della delibera, la scelta dell’amministrazione di concedere ai privati, per trent’anni la gestione dell’acqua a Caserta  viene esplicitamente giustificata  ammettendo l’incapacità di dare seguito a scelte diverse.  L’amministrazione, quindi,  si libera semplicemente del problema perché troppo impegnativo, ignorando  i costi derivanti da questa scelta frettolosa e vergognosa,   che graveranno sui  cittadini casertani per i prossimi trent’anni. 
E’ da rilevare che la motivazione di questa scelta è in linea con i dettami di un centro destra che  vuole cogliere tutte le opportunità di fare profitto privato a tutti i costi, anche su un diritto umano fondamentale, un bene collettivo come l’acqua. L’acqua costituisce un bene comune irrinunciabile ed inalienabile, che non può essere proprietà di nessuno. Questa è stata la volontà degli italiani, e non consentiremo che questa esigenza manifesta possa essere così impunemente disattesa.

Caserta, 17 maggio 2013
Sinistra Ecologia e Libertà – Circolo ‘P. Neruda’ - Caserta

lunedì 6 maggio 2013

Un contributo al dibattito sulla nuova sinistra


E’ stata  una  sequenza di eventi vertiginosi quella che ha interessato la vita politica del nostro Paese negli ultimi mesi e che  si  è conclusa con il voto di fiducia  al governo Letta.
La  momentanea stabilità,  più che dalla raggiunta solidità della fase politica,  è determinata  dalla necessità di  tempo che  occorrerà a questa insolita coalizione  di governo per cominciare  ad esprimersi su fatti concreti,  e questo ci consente di ragionare, senza pressioni,  su temi più vicini alle nostre necessità.
Naturalmente va data una  valutazione sullo stato di fatto, partendo dall’analisi del processo che  lo ha innescato e,  senza andare troppo in là con la memoria,  possiamo attribuirne l’origine ad una data certa: la resa del governo Berlusconi che, dopo aver negato per tanto tempo la crisi economica in atto, nel momento in cui  ha impattato con la sua gravità,  ha dovuto rinunciare al mandato  per manifesta incapacità.
Da qui le fasi successive che tutti abbiamo vissuto e hanno condotto alla campagna elettorale, il cui esito  non ha determinato le condizioni per consentire la formazione di un governo per il Paese.
Da questo momento si sono sviluppate  le vicende tragicomiche che hanno seguito l’esito elettorale e si sono concluse con la rielezione (forzata) di Napolitano a Presidente della Repubblica. Non senza aver prodotto conseguenze collaterali di un certo rilievo: si  è consumata in un clima di veleni e colpi bassi  la credibilità,  già in discussione,  del  Partito Democratico e messa a nudo tutta la sua inconsistenza;  si è determinato il restaurarsi, in una nuova forma alchemica, del governo precedente. Alla fine, infatti,  ha trionfato la spregiudicata ipocrisia di una nomenclatura politico-istituzionale che, ignorando il giudizio negativo pagato in termini di milioni di voti persi e il violento moto di repulsione verso la politica che hanno generato con i loro comportamenti in Italia, si  sono auto-assolti, promuovendosi come risolutori  dei danni che loro stessi hanno provocato. 
E’ stato sconcertante vedere come applaudivano, senza vergognarsi, quando Napolitano li ha mortificati in Parlamento,  per cui verrebbe da pensare che vivono nell’incoscienza,  come se non avessimo dovuto registrare i mille coinvolgimenti in episodi di cronaca giudiziaria  che  fanno del tema della moralità il primo problema di questa classe dirigente.
Si è, quindi, consumato  il  disastro annunciato, con il ribaltamento dell’esito elettorale che, seppure con qualche difficoltà, dovuta ad una  ignobile  legge elettorale, aveva chiaramente indicato come vincente la  coalizione di centrosinistra.
Ma Napolitano ed il PD, pur di salvare una casta in disfacimento, si sono resi responsabili  della rinascita di  Berlusconi, maggiore artefice della disastrosa situazione in cui si trova questo Paese, e di avergli consentito di collocarsi  nella posizione migliore per dettare veti e condizioni a questo governo, presumibilmente finalizzati ai propri interessi e senza neanche prendersi troppe responsabilità.
In questo frangente, Sinistra Ecologia e Liberta è stata ai margini, coerente e lucida nelle sue scelte, ferma nei suoi principi fino in fondo, ma  defilata e timida,  afflitta da sensi di colpa per un risultato elettorale ritenuto, ad errore,  non adeguato alle aspettative.  Non ci  piaceva la prospettiva, che si è poi concretizzata in alcune dichiarazioni d’intenti, e ci eravamo già attivati, infatti,  contro l’evenienza di confluire nel PD, perché tra l’altro riportava molti di noi  là da dove, a ragione, eravamo scappati.

Finalmente  l’iniziativa  dell’11 maggio  a Roma  apre il cantiere della nuova sinistra,  un opzione più vicina  e  adeguata alle nostre idee. E nel quale sembrano affluire, in termini di consenso ed elaborazione, le migliori forze democratiche della sinistra italiana.

Indubbiamente, si è chiusa una fase, per Sinistra Ecologia e Libertà, quella della gestazione e ne va aperta un’altra, che ci porti “oltre”, sul piano  organizzativo, strutturale e politico, con i nuovi contenuti maturati,  a colmare un’esigenza sentita già prima della emergenza elettorale e che può cominciare, con un atto formale: la modifica del simbolo,  rinunciando, come già era stato annunciato, alla caratterizzazione di Vendola nel simbolo, determinando una personalizzazione di Sinistra Ecologia e Libertà che ha concluso la sua funzione.  Ma questa è l’unica concessione formale possibile alla generazione di una nuova forza della sinistra che vuole includere senza pregiudizi, evitando però una nuova e logorante fase costituente che parta da zero.
Abbiamo chiesto e ottenuto di rappresentare i valori della sinistra in Parlamento e ci siamo riusciti. Ora si deve  gestire questa responsabilità.  E’ da qui che si riparte, da un partito che si è liberato dell’ombra del PD, ma deve impegnarsi a concretizzare  tutte le idee innovative  che abbiamo maturato, annunciato e sperimentato nel pur breve percorso che ci ha condotto fin qui, compresa la rivalutazione di esperienze come quella delle “Fabbriche”.

Ma attenzione a non commettere  l’errore di considerare la convocazione degli stati generali della sinistra  nell’ottica di dare risposte alle attuali emergenze, questo deve essere un cantiere  a cui va concesso  il tempo necessario. I  fatti ci dicono che se vogliamo essere rappresentativi di un aria di pensiero nuovo,  non possiamo immaginare di aggregare “la  sinistra”  su improbabili basi ideologiche, nè legarne il processo costituente ad una lacunosa e frammentaria continuità storica.
E’ ad un nuovo progetto di società verso cui dobbiamo orientare l’elaborazione del nostro percorso  politico, partendo da un  dato inconfutabile:almeno per due generazioni si è evidenziato nei governi e nelle classi dirigenti politiche e istituzionali l’incapacità di immaginare e progettare un’ ipotesi di sviluppo per il  futuro del Paese. I governi che si sono succeduti hanno cavalcato il quotidiano e si sono  nutriti di tutte le contaminazioni possibili che, alla fine ne hanno distrutto la credibilità. A dimostrarlo c’è il mostruoso debito pubblico che ci schiaccia. Ancora una volta, infatti,  siamo costretti, ad affrontare i problemi economici in una condizione di emergenza che non consente una lettura oggettiva dei dati generali e ci impedisce,quindi, di aprire lo sguardo sulle  evidenti difficoltà di un sistema economico nazionale e internazionale che è letteralmente sfuggito al controllo politico. E’ inquietante la sensazione di vivere, pressoché impotenti,  in un sistema economico mondiale  gestito da una “immateriale” centrale speculativa finanziaria che, come fosse  una setta segreta, controlla un sistema che si è rivelato fragile e inadeguato e reso incoerente dalla possibilità di essere manipolato sul piano emotivo.  

Ma su questi temi ci sono novità interessanti da sviluppare per una forza della sinistra: cominciano ad emergere sistemi di monitoraggio della attività economico- sociali  ( BES) che hanno come riferimento  criteri diversi da quelli relativi  al  PIL ( prodotto interno lordo). Con il primo rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), il Cnel e l’Istat hanno presentato i risultati di una iniziativa in tema di sviluppo di indicatori  sullo stato di salute di un Paese che vadano oltre il Pil. Il PIL mistifica il benessere di una nazione quantificandolo a misura del profitto fine a se stesso,  mentre  il progresso di una società va valutato non solo su parametri  di carattere economico, ma anche sociale e ambientale, corredati da misure di diseguaglianza e sostenibilità. Questo approccio alternativo alle tematiche economiche evidenzia il  diverso impianto culturale su cui dobbiamo costruire la nuova sinistra.                                                                                                                                                                       Il virus della ricerca del consenso come principale obiettivo politico, è stato il danno maggiore che ha attraversato in modo trasversale  gli schieramenti politici in questi anni, naturalmente finalizzato a costituire e mantenere posizioni di privilegio. 
Noi, invece, dobbiamo riportare gli interessi dei cittadini al centro dell’attività della politica. Sta qui il principio  dell’innovazione che viene richiesta. Il partito, comunque decideremo di organizzarlo, va inteso come  servizio alla società . Dobbiamo evitare di ridurre la nostra idea di rinnovamento a puro formalismo,  si diventa positivi  se  si  evidenziano  serietà e consequenzialità tra enunciazione e comportamento, si deve continuare a dimostrare, come abbiamo fatto fin’ ora  a partire dai circoli  sul territorio,  che la democrazia è una  pratica e non  un  enunciato.  Rafforzare la funzione dei circoli sul territorio per riportare la discussione politica nelle città, nei paesi, nelle piazze,  per sottrarre ai media, televisione e giornali, il monopolio del dibattito politico che li ha portati a diventare un ulteriore e interessato centro di potere e non un imparziale compartecipe.
Lavorare quindi per riaffermare  la consapevolezza che la condivisione dei problemi e dei costi per affrontarli porta successivamente a condividere in modo solidale i benefici delle soluzioni, promuovere spazi di fruibilità per riportare i giovani ad occuparsi di politica  e promuoverne l’impegno senza plagiarne la crescita.                                                                                                           Un lavoro arduo quello di  rigenerare la politica dei partiti,  per riportarla da come è ridotta ad essere protagonista dei cambiamenti necessari a ricucire con la società un rapporto lacerato da anni, in cui l’apparato istituzionale e i partiti politici si sono sempre più chiusi a difesa di posizioni di privilegio.                       
Il rinnovamento deve certamente  riguardare anche i quadri dirigenti, che non sia banalmente anagrafico, ma che risponda a oggettive  valutazioni  di meriti e fallimenti, in una dinamica continua che impedisca il consolidarsi di posizioni di potere e  promuova la continua formazione di 
nuove  classi dirigenti.                                                                                                         
Ma noi partiamo da un dato, minimo ma importante, abbiamo chiesto e ottenuto di rappresentare i valori della sinistra in Parlamento e ci siamo riusciti, ora dobbiamo gestire questa responsabilità. Una responsabilità che ci accompagna nella elaborazione del nostro progetto ponendoci nel Parlamento come modello di comportamento e gestione dei  temi politici, senza ambiguità, con intelligenza, durezza e forza.
                                                      
E non dobbiamo sottovalutare che, seppure si può ipotizzare una lunga permanenza di questo governo, ci sono molte variabili che ne possono mettere in discussione la durata, l’esito dei processi di Berlusconi in primo luogo, ma anche il discorso programmatico di Enrico Letta offre spunti di riflessione,  è una piattaforma elettorale ipocritamente inclusiva delle programmazioni di tutti i partiti rappresentati in Parlamento  che ignora totalmente lo stato di fatto in cui si trova il Paese. Tutto è dato per risolto, no all’aumento dell’IVA, risoluzione dei problemi degli esodati, sospendiamo l’IMU restituendo quanto versato lo scorso anno, come viene fermamente sostenuto dal PDL , finanziamenti per prolungare  la cassa integrazione in scadenza, il reddito di cittadinanza, aiuti alle imprese  ecc.,   ma,  come tutti quelli che hanno trattato questi temi in campagna elettorale,  sembra non tenere conto dello stato dell’economia  e non esplicita come intende  finanziare iniziative così onerose.

L’11 maggio va quindi inteso come l’avvio di  una discussione che porti a progettare un nuovo modello di società, più giusto e solidale, che tenda a richiudere il divario, ormai osceno, tra ricchi e poveri che questo stato di cose ha creato. E aprire una fase nella quale la sinistra ricomponga la sua reale identità e i valori ai quali si richiama,sia in Italia che in Europa.
Caserta, 6 maggio 2013
Circolo cittadino Sinistra Ecologia e Libertà - Caserta